non sono tanto in vena, in questi giorni. le settimane tra le vacanze di natale e il mio compleanno non sono mai tanto divertenti, per me. son qui che aspetto che succeda qualcosa, non so nemmeno io cosa, ma che faccia cambiare tutto...
btw, avevo in mente, già prima di leggere il post di Thu', qualcosa su quello che succede in classe...
anni fa, quando i miei alunni mi chiedevano: a che mi serve questo, a che mi serve quello, mi sperticavo in lunghi e maternalistici (paternalistici non posso...) discorsi su quanto sia utile imparare, su quanto la cultura serva, nella vita, per migliorare se stessi e la qualità del proprio lavoro... se studi e magari vai anche all'università, dicevo, puoi fare un lavoro migliore, magari meglio retribuito di quello che faresti solo col diploma o, peggio, solo con la terza media. ora, capirete bene che col passare del tempo queste parole sono diventate del tutto fuori luogo. non solo non è affatto vero che ad un titolo di studio più alto corrisponda uno stipendio migliore, ma nemmeno avere una laurea è più un "di più" in termini di prestigio o di stima. d'accordo, ci sono laureati del tutto ignoranti e per contro dei "non titolati" con una grande cultura. ma mentre a quelli della mia generazione è capitato di sentirsi dire: sei laureato? càspita! ai più giovani credo non accada più. più frequentemente il commento è: sei laureato? e chi te l'ha fatto fare?
allora ho cambiato musica. se qualcuno mi chiede ora: a che mi serve quello che stiamo facendo, gli rispondo (abbastanza) serenamente: puoi farlo perché vuoi avere una cultura, puoi farlo perché se no ti boccio, oppure puoi farlo perché mi vuoi bene e vuoi farmi piacere. i miei bambini spesso ridono, ma non si rendono conto che quel che dico è assolutamente vero. la disposizione affettiva è fondamentale. e ne ho avuta la prova pochi giorni fa.
quest'anno, tra le classi disastrate di alunni affidati alle mie cure, c'è una seconda meccanici che è particolarmente sgarruppata. sanno meno di zero, sono totalmente scoraggiati, assolutamente demotivati e del tutto privi di disciplina. su 50 minuti di lezione sono contenta se riesco a farne 30. il resto se ne va per ottenere ordine e silenzio. li ho martellati a furia di sgridate, ripassi, esercizi e maternali (ancora, sì). e poche settimane fa ho cominciato a vedere che mi cercano, in ricreazione. vengono a fumare una sigaretta in compagnia, mi raccontano le loro cose, mi chiedono di me... e hanno cominciato a lavorare. l'ultimo compito è andato meno peggio del solito. d'accordo, hanno scopiazzato, ma vuoi mettere la differenza con il consegnare il foglio in bianco? insomma, piccolo quanto si vuole, ma è un passo in avanti.
ecco, se ci sono riuscita, questo fa di me un buon insegnante? non credo, mancano ancora un sacco di cose... e poi, come fai entrare queste piccolezze in una valutazione obiettiva? e poi mi è riuscito con loro, mica detto che ce la faccio con tutti. però son soddisfazioni.
ora vado dai grandi, la quinta del serale. anche quelli mi adorano, ma è facile con quarantenni che hanno tutta un'altra mentalità...
btw, avevo in mente, già prima di leggere il post di Thu', qualcosa su quello che succede in classe...
anni fa, quando i miei alunni mi chiedevano: a che mi serve questo, a che mi serve quello, mi sperticavo in lunghi e maternalistici (paternalistici non posso...) discorsi su quanto sia utile imparare, su quanto la cultura serva, nella vita, per migliorare se stessi e la qualità del proprio lavoro... se studi e magari vai anche all'università, dicevo, puoi fare un lavoro migliore, magari meglio retribuito di quello che faresti solo col diploma o, peggio, solo con la terza media. ora, capirete bene che col passare del tempo queste parole sono diventate del tutto fuori luogo. non solo non è affatto vero che ad un titolo di studio più alto corrisponda uno stipendio migliore, ma nemmeno avere una laurea è più un "di più" in termini di prestigio o di stima. d'accordo, ci sono laureati del tutto ignoranti e per contro dei "non titolati" con una grande cultura. ma mentre a quelli della mia generazione è capitato di sentirsi dire: sei laureato? càspita! ai più giovani credo non accada più. più frequentemente il commento è: sei laureato? e chi te l'ha fatto fare?
allora ho cambiato musica. se qualcuno mi chiede ora: a che mi serve quello che stiamo facendo, gli rispondo (abbastanza) serenamente: puoi farlo perché vuoi avere una cultura, puoi farlo perché se no ti boccio, oppure puoi farlo perché mi vuoi bene e vuoi farmi piacere. i miei bambini spesso ridono, ma non si rendono conto che quel che dico è assolutamente vero. la disposizione affettiva è fondamentale. e ne ho avuta la prova pochi giorni fa.
quest'anno, tra le classi disastrate di alunni affidati alle mie cure, c'è una seconda meccanici che è particolarmente sgarruppata. sanno meno di zero, sono totalmente scoraggiati, assolutamente demotivati e del tutto privi di disciplina. su 50 minuti di lezione sono contenta se riesco a farne 30. il resto se ne va per ottenere ordine e silenzio. li ho martellati a furia di sgridate, ripassi, esercizi e maternali (ancora, sì). e poche settimane fa ho cominciato a vedere che mi cercano, in ricreazione. vengono a fumare una sigaretta in compagnia, mi raccontano le loro cose, mi chiedono di me... e hanno cominciato a lavorare. l'ultimo compito è andato meno peggio del solito. d'accordo, hanno scopiazzato, ma vuoi mettere la differenza con il consegnare il foglio in bianco? insomma, piccolo quanto si vuole, ma è un passo in avanti.
ecco, se ci sono riuscita, questo fa di me un buon insegnante? non credo, mancano ancora un sacco di cose... e poi, come fai entrare queste piccolezze in una valutazione obiettiva? e poi mi è riuscito con loro, mica detto che ce la faccio con tutti. però son soddisfazioni.
ora vado dai grandi, la quinta del serale. anche quelli mi adorano, ma è facile con quarantenni che hanno tutta un'altra mentalità...
Io credo che agli insegnanti, sempre, ma oggi come oggi in maniera particolare, vada consegnata, assieme al registro, un'aureola.
RispondiEliminaE non mi venite a dire che ci sono anche cattivi insegnanti.
Certo che ci sono, ci sono sempre stati e sempre ci saranno, così come ci sono, ci sono sempre stati e sempre ci saranno, impiegati pubblici fannulloni e ministri...
Non ricordo la nettiquette di questo blog, si potevano dire le parolacce? ;)
certo che si possono dore parolacce!
RispondiEliminasarà per via dell'aureola che mi sta stretta che ho sempre mal di testa? :-)
si possono dIre parolacce, ovviamente...
RispondiEliminanon sono d'accordo con l'aureola .... ma lo dico con gentilezza ;-)
RispondiEliminache ad esser dei santi si finisce sempre un pò morti e straziati ... e non è bello no!
aureola che non hanno nè medici, infermieri, asa, educatori professionali ma questi (ce ne sono altri di sicuro) sono coloro che danno svolte importanti alle vite altrui, e riescono a farlo se erogano una alta professionalità e riescono a mantenere un buon livello di motivazione e responsabilità ....
i fannulloni sono una genia trsversale a molti lavori, ma in alcuni si nota di più in altri meno e quelli che lavoran male ... non salvo nessuno nemmeno le categorie che mi sono contigue, nè la mia di appartenenza. o si lavora bene o male. (e per bene indico la possibilità/volonta di costruire crescita/comprenza/responsabilità/elaborazione attorno al proprio lavoro).
detto ciò c'è una cosa che dici tu, lucia, che è molto significativa:
quelle piccolezze che dici, hanno il sapore dell'arte di educare, dell'insegnare ed imparare insegnando ...
non sono misurabili perchè la scuola presidia, per sua natura, il risultato, il voto, il misurabile, anche se guarda caso passa proprio dal canale che indichi tu: l'incontro, la costruzione di un senso condiviso tra chi insegna ed impara, un orizzonte comune che va insegnato - non misurabile ad oggi - (certo costruito anche attraverso sgridate, lotte e imposizioni) e mostrato.
il programma non mette tra ciò che è misurabile tutto questo e purtroppo la scuola non riesca ancora ad elaborare anche questa parte del sapere, la propria pedagogia, il rapporto con lo studio che cambia, e non riesce a comunicarlo al di fuori di se stessa.
insomma a noi che magari sostiamo nei territori limitrofi alla scuola non riceviamo questo sapere, non lo vediamo, non è comunicato ...
ma per fortuna i tuoi allievi sanno di attraversare un contenitore insegnamento (tuo) che restituisce un senso al loro passaggio, lo contestualizza, lo rende significativo, umano e prendibile...
il limite è che si tratta di un sapere che resta dell'insegnante e dei suoi allievi ... ma per te e per loro è già molto.
ma evidentemente tu ci sei riuscita, e lo fai comunicandocelo, rendendo questo sapere fruibile ... il tuo sapere e il loro non è così rimasto cristallizzato in una aula
:-))