giovedì 27 marzo 2008

vado

domattina parto per Bracellona con i miei alunni di quarta e quinta.
dovrei essere contenta e invece sono terrorizzata. è la prima volta che lascio a casa i miei figli da soli per andare così lontano, e poi mi viene l'ansia solo per andare a Padova, figuriamoci Barcellona...
mah. magari mi diverto anche. speriamo.
è un periodo un po' burrascoso, questo: tra la scuola con i recuperi, Paolo che ha un sacco di problemi, la casa che non si vende, la macchina che si è rotta... troppe ansie. voglio Rovigno.

martedì 25 marzo 2008

notte

a volte ho l'impressione che le mie giornate non siano che un intervallo da far passare tra una notte e l'altra.

lunedì 24 marzo 2008

olimpiadi


ripensandoci, credo proprio che non dovremmo andare alle olimpiadi, o che almeno dovremmo cercare di boicottarle in qualche modo...

venerdì 21 marzo 2008

fili

la scorsa settimana ho ripescato per caso un mio compagno del liceo che ora è Preside in una scuola vicina. presa dall'entusiasmo ho cercato qualche altro dei vecchi amici della VB e ne ho ritrovata subito un'altra (altri due so dove sono ma ancora non sono riuscita a contattarli): la mia compagna di banco. che bello...
ci siamo scambiate un paio di e-mail e ci siamo ritrovate con simili disavventure, delusioni, disincanti e simile resistenza alle avversità, nonostante tutto. la sua famiglia abita qui vicino e per Pasqua forse ci rivedremo. sono sicura che sarà come riprendere un discorso solo da poco interrotto.
stasera mi ha scritto:
"Anche se a volte non sembra, sono certa che noi abbiamo una marcia in più se non naufraghiamo nel dolore e nella convinzione che senza un uomo al nostro fianco la nostra vita è finita... Mi piace l'idea di rivederti, è come se sottili fili si stessero riannodando per produrre un nuovo arazzo".
siamo grandi noi donne. siamo sorelle e amiche e figlie e madri e ci sosteniamo sempre.

lunedì 17 marzo 2008

mio figlio: testardo, educato e sensibile

stamattina colloquio con la prof di lettere di Paolo. alla fine con la DS non ho parlato, ma non è detto che non ci vada più avanti, magari anche dopo la fine degli esami...
colloquio sereno, direi.
Paolo è educato, correttissimo, non fa casino, non chiacchiera, non disturba.
è sensibile, con una interiorità meravigliosa, spirito critico, riesce a leggere nel cuore delle persone con un'acume incredibile.
ha un grandissimo senso della giustizia, anche se a volte non è obiettivo (ma a 14 anni sarebbe pretendere troppo), se c'è da difendere qualcuno lo fa sempre a spada tratta.
è testardo e non segue i consigli che le insegnanti gli danno, vuol fare a modo suo. non si impegna in tutte le materie allo stesso modo, ma solo sulle cose che gli interessano.
è isolato all'interno della classe. più a causa delle sue doti che dei suoi difetti...
questo è quanto mi è stato detto.
e allora, dico io, dov'è il problema?
gli mancano le basi, e da qui agli esami deve cercare di darsi da fare il più possibile. e poi gli manca una figura maschile di riferimento. boh, riferirò a suo padre di farsi vivo di più con la scuola. è vero, Paolo sente la mancanza di nostri rapporti più "intensi" con gli insegnanti e so che i genitori dei suoi compagni di classe sono sempre lì a parlare con i prof, vanno ai consigli di classe... ma per un motivo o per un altro a me non riesce proprio di essere così assidua. ma perché nella scuola media sono tutti così fissati con la famiglia? e dove stava, in fondo, tutta questa urgenza di parlare con me?
se mio figlio in classe è corretto, in più mostra di avere "qualcosa" dentro di sé, di non essere "vuoto" come la maggior parte dei suoi coetanei, se l'unico suo problema sta nel non avere bei voti in tutte le materie, non capiscono che non è un problema della famiglia, ma della scuola? non è un problema mio, ma loro: si dovrebbero convocare fra loro e capire dove hanno sbagliato, non chiamare me.
e con che coraggio mi dicono di mandarlo in un professionale? non capiscono che sarebbe come tagliargli le gambe definitivamente? che senso ha dare un consiglio orientativo solo in base ai risultati in termini di voti, senza tener conto delle inclinazioni, della personalità...
non so...
sto cercando di "digerire" quello che mi è stato detto, che in fondo non è molto. sono ancora combattuta tra la voglia di affrontare le insegnanti con la massima sincerità, anche a muso duro, e il dubbio che possa servire a qualcosa...
meglio stare zitta per non indisporre le prof ancora di più o parlare sperando di dare il via ad una riflessione generale che serva ad altri bambini come Paolo?
la scuola, davvero, non dovrebbe essere così...

martedì 11 marzo 2008

ma guarda un po'...

bene, al DS e alle prof devono essere fischiate le orecchie, perché oggi mi hanno telefonato per convocarmi a colloquio, per discutere della situazione di Paolo...
e che gli dico? litigo? mi mostro calma e conciliante? vogliono bocciarlo? dicono di no, però...
mah...

lunedì 10 marzo 2008

servisse a qualcosa...

continuo? e come continuo? possiamo parlarci? riesco, da mamma-insegnante, ad essere obiettiva dovendo parlare di mio figlio a scuola? se davvero spedissi questa lettera, qualcuno dall'altra parte ascolterebbe con umiltà, senza pensare che sono la solita mamma ansiosa che vuol difendere il figlio a tutti i costi?
sono la solita mamma ansiosa he vuol difendere il figlio a tutti i costi o sono una mamma-insegnante che vede il degradarsi della scuola sulla propria pelle e vorrebbe tentare di rimediare in qualche modo?
ci devo pensare, ci devo pensare... devo capire se sono lucida.
lo sono? quanto lucida può essere una persona che non ha voglia di alzarsi alla mattina e la sera vorrebbe addormentarsi e non svegliarsi più?
dannazione! voglio uscire da questo buco! sono stanca della depressione. stanca.

sabato 8 marzo 2008

caro DS ti scrivo

vorrei mandare questa lettera al Dirigente Scolastico della scuola di mio figlio. ma non so che effetto farebbe. intanto guardo che effetto fa qui.



gent.ma prof.

le scrivo per parlarle di mio figlio Paolo, 14 anni fra due mesi, che ha frequentato i suoi primi otto anni di scuola (ora è in terza media) presso l'IC che lei dirige.

le sue insegnanti della materna lo avevano definito "divergente", senza spiegarci che la divergenza nei bambini non è una malattia, ma un atteggiamento dello spirito, un'attitudine alla creatività, a volte. le sue maestre dei primi due anni di elementari non ne furono contente: Paolo non si inquadrava nei tipi prefissati di alunno ai quali erano abituate. non riuscivano a comunicare con lui, a instaurare un rapporto affettivo, non riuscivano a farlo lavorare, a farlo partecipare alla vita della classe... insomma, anche se il suo comportamento non era come quello dei suoi compagni che si tiravano le sedie l'un l'altro (Paolo si limitava a guardare il soffitto e a canticchiare tra sé), lui "dava fastidio", "faceva venire i nervi" e dopo qualche mese mi dissero: "con noi non lavora, lo segua lei al pomeriggio". non ero molto d'accordo con questa impostazione (che difatti portò Paolo a non aprire nemmeno più il quaderno in classe perché "tanto faccio a casa con la mia mamma"), ma portai pazienza. ovviamente il mio insegnamento pomeridiano tamponò solo in parte la situazione e soprattutto non contribuì a far nascere in mio figlio l'amore per la scuola e per lo studio. come non vi contribuirono le maestre che lo portavano nelle altre classi per svergognarlo davanti agli altri alunni ("vedete questo bambino? non è ancora capace di scrivere!") né le svariate occasioni in cui veniva deriso in classe sua, né il tempo che passava con le bidelle perché la maestra "non lo sopportava più in classe".

dalla terza elementare cambiò classe. e qualcosa si stava risistemando: stava cominciando a raggiungere i suoi compagni, a non essere più l'ultimo in tutto, a riprendere un po' di fiducia in sé stesso. purtroppo in famiglia ce ne capitarono di tutti i colori e tutto andò di nuovo per il verso sbagliato...

alle medie la situazione è peggiorata. la classe è numerosa e gli insegnanti non hanno tempo di seguire un alunno che non sta alle regole del gioco.

quello che mi preoccupa, al di là dei brutti voti, è che Paolo continua a non trovare un "senso" nella scuola, nello studio. e non aver trovato nessuno (a parte l'insegnante di musica) che gli desse un po' di fiducia, lo ha convinto di essere sconfitto, perdente, escluso. i suoi compagni lo prendono serenamente in giro senza che gli insegnati se ne preoccupino, anzi, a volte si associano alle battute. a me non importa se non gioca a calcio come i suoi compagni e sono contenta che sia l'unico della sua classe che non bestemmia, anche se è l'unico a non fare religione. e non mi impporta nemmeno se non conosce tutti i nomi dei tronisti e delle veline, sono più contenta che sappia chi é Marco Travaglio. ma il non essere "conforme" evidentemente non crea problemi solo a lui, ma anche ai suoi insegnanti, che non pensano a nessuna strategia per recuperarlo, se non dirmi (ancora) "lo segua lei al pomeriggio".

l'anno prossimo dovrà fare le superiori, ma con che forza, con che spirito?


vede, gent.ma prof. se sono così preoccupata è perché insegno anch'io e sto cominciando ad essere molto preoccupata di dove sta andando la scuola (la sua in particolare e quella italiana in generale), non solo di dove andrà mio figlio.

non mi è facile scrivere queste cose, perché mi sento divisa fra il ruolo di mamma e quello di insegnante. bambini come Paolo ne vedo molti, appena un anno più grandi, nelle mie prime classi. insegno in un professionale, dove voi inviate tutti quelli alunni che non escono dall'esame con più di "sufficiente". che sono tanti, visto che ai professionali ci va quasi un terzo dei licenziati dalla media. sono bambini essenzialmente non scolarizzati, ma che avrebbero avuto buone potenzialità, che forse potevano essere buoni studenti... mi pesa entrare nel merito delle scelte didattiche dei docenti, ma mi domando e le domando: non pensate che ci sia qualcosa da riconsiderare leggermente?

faccio parte di un'associazioni di insegnanti di matematica che per statuto desidera promuovere una scuola "che non escluda", ma mi pare che la sua scuola, cara prof., escluda, e molto.

leggo nel vostro POF:

La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi, in questa prospettiva, per il successo scolastico di tutti gli studenti, con una particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio. Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone: innanzi tutto nella classe, dove le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza...

avete letto bene quanto c'è scritto o è stato solo un copiaincolla dalle indicazioni del Ministero? cosa è stato fatto per Paolo? cosa è stato fatto per quel terzo di alunni che indirizzate ai professionali? e per tutti quelli che odiano la matematica?
continua...