giovedì 28 gennaio 2010

scopriti, svergognata!

dice Lidia Ravera sull'Unità di oggi
Adesso sono tutti d’accordo, dal Presidente Sarkozy alla ministra Carfagna: vietiamo il Burqa, strappiamo alle immigrate il Niqab dalla faccia. Fuori dalla scuola le sottomesse alla Religione Padrona. Se vogliono stare nei nostri civilissimi Paesi che si mettano anche loro microgonna e push up, mostrino il culo, mostrino il seno, come facciamo noi, che abbiamo conquistato la libertà di farci valutare al primo sguardo. Noi sì che sappiamo come si trattano le donne. Diamo “Pari opportunità” alle immigrate. Vietiamo loro di essere diverse da noi. Chissà, magari aumentiamo la fornitura di quarti di manza da appendere al gancio delle nostre libere macellerie! È curioso, tutto questo improvviso interesse per l’emancipazione femminile. È curioso che, ancora una volta, si decida di legiferare sul corpo delle donne, come se appartenesse non alle donne medesime, in quanto persone, ma allo Stato, ai Governi. Tutte velate, vuole la Legge Coranica. Tutte svelate, vuole la Legge Italica. E le donne continuano a venire vestite e spogliate, obbligate e ricattate, costrette a piegarsi o comandate a ribellarsi. Il rispetto dov’è, in tutto questo vociare? «Tutti in Afganisthan a liberare le Afgane dall’oppressione degli Afghani». È quello che siamo andati a fare in Afghanistan, in Iraq? No, naturalmente, ma pare bello nascondersi dietro questa sorta di Cavalleria Violenta. Le donne immigrate nel nostro Paese da Paesi di diversa tradizione culturale e religiosa, devono essere aiutate e sostenute e difese se e quando vogliono ribellarsi a padri padroni, usanze intollerabili, limitazione della loro libertà personale. Non devono passare dalla tutela dei Komeinisti a quella dei Leghisti, dalla persecuzione dell’integralismo islamico a quella della presunta superiorità morale occidentale. Le donne hanno diritto alla libertà. Tutte.

non ho altro da aggiungere.

martedì 12 gennaio 2010

disposizione affettiva

non sono tanto in vena, in questi giorni. le settimane tra le vacanze di natale e il mio compleanno non sono mai tanto divertenti, per me. son qui che aspetto che succeda qualcosa, non so nemmeno io cosa, ma che faccia cambiare tutto...

btw, avevo in mente, già prima di leggere il post di Thu', qualcosa su quello che succede in classe...
anni fa, quando i miei alunni mi chiedevano: a che mi serve questo, a che mi serve quello, mi sperticavo in lunghi e maternalistici (paternalistici non posso...) discorsi su quanto sia utile imparare, su quanto la cultura serva, nella vita, per migliorare se stessi e la qualità del proprio lavoro... se studi e magari vai anche all'università, dicevo, puoi fare un lavoro migliore, magari meglio retribuito di quello che faresti solo col diploma o, peggio, solo con la terza media. ora, capirete bene che col passare del tempo queste parole sono diventate del tutto fuori luogo. non solo non è affatto vero che ad un titolo di studio più alto corrisponda uno stipendio migliore, ma nemmeno avere una laurea è più un "di più" in termini di prestigio o di stima. d'accordo, ci sono laureati del tutto ignoranti e per contro dei "non titolati" con una grande cultura. ma mentre a quelli della mia generazione è capitato di sentirsi dire: sei laureato? càspita! ai più giovani credo non accada più. più frequentemente il commento è: sei laureato? e chi te l'ha fatto fare?
allora ho cambiato musica. se qualcuno mi chiede ora: a che mi serve quello che stiamo facendo, gli rispondo (abbastanza) serenamente: puoi farlo perché vuoi avere una cultura, puoi farlo perché se no ti boccio, oppure puoi farlo perché mi vuoi bene e vuoi farmi piacere. i miei bambini spesso ridono, ma non si rendono conto che quel che dico è assolutamente vero. la disposizione affettiva è fondamentale. e ne ho avuta la prova pochi giorni fa.
quest'anno, tra le classi disastrate di alunni affidati alle mie cure, c'è una seconda meccanici che è particolarmente sgarruppata. sanno meno di zero, sono totalmente scoraggiati, assolutamente demotivati e del tutto privi di disciplina. su 50 minuti di lezione sono contenta se riesco a farne 30. il resto se ne va per ottenere ordine e silenzio. li ho martellati a furia di sgridate, ripassi, esercizi e maternali (ancora, sì). e poche settimane fa ho cominciato a vedere che mi cercano, in ricreazione. vengono a fumare una sigaretta in compagnia, mi raccontano le loro cose, mi chiedono di me... e hanno cominciato a lavorare. l'ultimo compito è andato meno peggio del solito. d'accordo, hanno scopiazzato, ma vuoi mettere la differenza con il consegnare il foglio in bianco? insomma, piccolo quanto si vuole, ma è un passo in avanti.

ecco, se ci sono riuscita, questo fa di me un buon insegnante? non credo, mancano ancora un sacco di cose... e poi, come fai entrare queste piccolezze in una valutazione obiettiva? e poi mi è riuscito con loro, mica detto che ce la faccio con tutti. però son soddisfazioni.

ora vado dai grandi, la quinta del serale. anche quelli mi adorano, ma è facile con quarantenni che hanno tutta un'altra mentalità...