vorrei mandare questa lettera al Dirigente Scolastico della scuola di mio figlio. ma non so che effetto farebbe. intanto guardo che effetto fa qui.
gent.ma prof.
le scrivo per parlarle di mio figlio Paolo, 14 anni fra due mesi, che ha frequentato i suoi primi otto anni di scuola (ora è in terza media) presso l'IC che lei dirige.
le sue insegnanti della materna lo avevano definito "divergente", senza spiegarci che la divergenza nei bambini non è una malattia, ma un atteggiamento dello spirito, un'attitudine alla creatività, a volte. le sue maestre dei primi due anni di elementari non ne furono contente: Paolo non si inquadrava nei tipi prefissati di alunno ai quali erano abituate. non riuscivano a comunicare con lui, a instaurare un rapporto affettivo, non riuscivano a farlo lavorare, a farlo partecipare alla vita della classe... insomma, anche se il suo comportamento non era come quello dei suoi compagni che si tiravano le sedie l'un l'altro (Paolo si limitava a guardare il soffitto e a canticchiare tra sé), lui "dava fastidio", "faceva venire i nervi" e dopo qualche mese mi dissero: "con noi non lavora, lo segua lei al pomeriggio". non ero molto d'accordo con questa impostazione (che difatti portò Paolo a non aprire nemmeno più il quaderno in classe perché "tanto faccio a casa con la mia mamma"), ma portai pazienza. ovviamente il mio insegnamento pomeridiano tamponò solo in parte la situazione e soprattutto non contribuì a far nascere in mio figlio l'amore per la scuola e per lo studio. come non vi contribuirono le maestre che lo portavano nelle altre classi per svergognarlo davanti agli altri alunni ("vedete questo bambino? non è ancora capace di scrivere!") né le svariate occasioni in cui veniva deriso in classe sua, né il tempo che passava con le bidelle perché la maestra "non lo sopportava più in classe".
dalla terza elementare cambiò classe. e qualcosa si stava risistemando: stava cominciando a raggiungere i suoi compagni, a non essere più l'ultimo in tutto, a riprendere un po' di fiducia in sé stesso. purtroppo in famiglia ce ne capitarono di tutti i colori e tutto andò di nuovo per il verso sbagliato...
alle medie la situazione è peggiorata. la classe è numerosa e gli insegnanti non hanno tempo di seguire un alunno che non sta alle regole del gioco.
quello che mi preoccupa, al di là dei brutti voti, è che Paolo continua a non trovare un "senso" nella scuola, nello studio. e non aver trovato nessuno (a parte l'insegnante di musica) che gli desse un po' di fiducia, lo ha convinto di essere sconfitto, perdente, escluso. i suoi compagni lo prendono serenamente in giro senza che gli insegnati se ne preoccupino, anzi, a volte si associano alle battute. a me non importa se non gioca a calcio come i suoi compagni e sono contenta che sia l'unico della sua classe che non bestemmia, anche se è l'unico a non fare religione. e non mi impporta nemmeno se non conosce tutti i nomi dei tronisti e delle veline, sono più contenta che sappia chi é Marco Travaglio. ma il non essere "conforme" evidentemente non crea problemi solo a lui, ma anche ai suoi insegnanti, che non pensano a nessuna strategia per recuperarlo, se non dirmi (ancora) "lo segua lei al pomeriggio".
l'anno prossimo dovrà fare le superiori, ma con che forza, con che spirito?
vede, gent.ma prof. se sono così preoccupata è perché insegno anch'io e sto cominciando ad essere molto preoccupata di dove sta andando la scuola (la sua in particolare e quella italiana in generale), non solo di dove andrà mio figlio.
non mi è facile scrivere queste cose, perché mi sento divisa fra il ruolo di mamma e quello di insegnante. bambini come Paolo ne vedo molti, appena un anno più grandi, nelle mie prime classi. insegno in un professionale, dove voi inviate tutti quelli alunni che non escono dall'esame con più di "sufficiente". che sono tanti, visto che ai professionali ci va quasi un terzo dei licenziati dalla media. sono bambini essenzialmente non scolarizzati, ma che avrebbero avuto buone potenzialità, che forse potevano essere buoni studenti... mi pesa entrare nel merito delle scelte didattiche dei docenti, ma mi domando e le domando: non pensate che ci sia qualcosa da riconsiderare leggermente?
faccio parte di un'associazioni di insegnanti di matematica che per statuto desidera promuovere una scuola "che non escluda", ma mi pare che la sua scuola, cara prof., escluda, e molto.
leggo nel vostro POF:
La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi, in questa prospettiva, per il successo scolastico di tutti gli studenti, con una particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio. Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone: innanzi tutto nella classe, dove le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza...
avete letto bene quanto c'è scritto o è stato solo un copiaincolla dalle indicazioni del Ministero? cosa è stato fatto per Paolo? cosa è stato fatto per quel terzo di alunni che indirizzate ai professionali? e per tutti quelli che odiano la matematica?
continua...
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