questo post si può anche leggere saltando la prima parte.scrivo prima che la telecom mi chiuda di nuovo la connessione. l'altro giorno improvvisamente è morto tutto, così ho chiamato il 187 per vedere se c'era qualche problema ed effettivamente risultavano due bollette non pagate. non me ne ero accorta perché ho la domiciliazione (ma se non c'è ciccia nemmeno la banca fa miracoli...) e comunque dalla telecom nessuno mi aveva avvisata (signora, noi abbiamo spedito la comunicazione, se la prenda con le poste!) . vabbè, pagate le bollette (e prosciugata una parte preziosa dello stipendio) torno a riprendere i miei contatti col mondo fino a ieri sera quando muore tutto di nuovo. richiamo e mi spiegano (con una maleducazione ancora più grande) che sì, in effetti c'è un guasto alla centrale e che entro lunedì mattina sarà riparato perché di domenica non si lavora. scusa, e oggi che è sabato? ma il corso di maleducazione, alla telecom, glielo fanno prima o dopo l'assunzione?
secondo me hanno saputo che passo alla concorrenza e me la vogliono far pagare...
btw, sono a casa da scuola perchè avevo bisogno di qualche giorno di pausa, alla faccia di
brunetta. sembra una fesseria, ma fare 22 ore anziché 18, pesa parecchio. così son qui a godermi un po' di riposo. ma dato che nulla deve restare impunito, ho mal di denti.
fine delle lamentazioni.
Thumper insiste e, anche se siamo un po' in anticipo per la befana, ora scrivo la ricetta della pinza di mia mamma. c'è una storia dietro, ovviamente, e non ve la risparmio. anche perchè il cibo non è solo qualcosa che si cucina e si mangia, è un sentiero con un cuore.
dalle mie parti si dice che porta fortuna mangiare sette tipi di pinze differenti entro la mezzanottte del 6 gennaio, quindi non vi dico quante pinze diverse giravano per casa mia... quando ero piccola andavamo a
ciamàr el pan e vin da una famiglia di contadini che preparava polenta e salame cotto, vin brulé e, ovviamente, le pinze. noi bambini andavamo a giocare nella stalla, che era il posto più caldo, e ci rincorrevamo tra le mucche schizzandoci di latte... anche se negli ultimi vent'anni ogni paesetto si è inventato il suo pan e vin personale, con falò più o meno improvvisati (solitamente ad ore impossibili) è ancora possibile vedere i falò della
vecia che bruciano nelle case coloniche, percorrendo le strade della sinistra Piave. a destra è tutta un'altra storia. qui la pinza si fa col pane bagnato nel latte, con la zucca... bastarda, insomma. così la pinza, per la befana, andavo a prenderla da mia mamma, finché è stata in grado di farla. poi mi sono fatta dare la ricetta.
servono 700 cc di latte, 125 gr di farina da polenta bianca, 500 gr di farina 00, 250 gr di uvetta, 150 gr di burro sciolto, 250 gr di zucchero, 2 uova intere, la scorza grattuggiata di un limone e di un'arancia, 1 bustina e mezza di lievito per dolci, un po' di sale e tutta la frutta secca che è avanzata dalle feste di natale, a piacere. io metto noci, nocciole, fichi secchi, datteri e pinoli. le quantità possono variare secondo il gusto di ognuno. facoltativi (ma io li metto) un bicchierino di grappa e un po' di vaniglia.
si mette a bollire il latte con due pizzichi di sale e si versa a pioggia la farina da polenta, mescolando bene per non formare grumi. fuori dal fuoco si aggiungono lo zucchero e il burro fuso e poi pian piano la farina, mescolando sempre bene, la frutta secca, l'uvetta e, quando tutto è freddo, le uova. il lievito per ultimo. si inforna a 200 gradi per 20 minuti e a 180 per altri venti, controllando la cottura con uno stecchino e facendo attenzione che non si scotti sopra.
la faccio tutti gli anni, per ricordare i miei vecchi. ma ai miei figli non piace perché uno non ci vuole le uvette, l'altra le noci, l'altra i fichi... così, a meno di amici volenterosi, (che di solito non mancano, ad onor del vero...) di solito me ne avanzava un bel po'. un anno ho detto: amen, quest'anno facciamo senza. la notte ho sognato mia mamma che arrabbaitissima mi sgridava perché non mantenevo la tradizione. voi cos'avreste fatto?